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RESPINTI

La Commissione Ue ha deciso bocciare la manovra presentata dal governo italiano. È la prima volta che accade nell’unione. La Ue chiede uno nuovo documento che dovrà essere inviato entro tre settimane a Bruxelles. “È con molto dispiacere che sono qui oggi, per la prima volta la Commissione è costretta a richiedere ad uno Stato di rivedere il suo Documento programmatico di bilancio. Ma non vediamo alternative. Sfortunatamente i chiarimenti ricevuti ieri non erano convincenti”: lo ha detto il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis nella conferenza stampa al termine della riunione dei commissari.

La palla – scrive Salvatore Rondello – ora ritorna con veemenza al governo italiano. Il governo, ieri, prima di inviare la risposta all’UE, avrebbe potuto snellire la manovra. Nel vertice di governo di ieri sera a Palazzo Chigi erano presenti oltre al premier Giuseppe Conte, i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini ed i ministri Giovanni Tria e Danilo Toninelli.Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Matteo Salvini, M5S, Movimento 5 Stelle, Lega
A tarda serata, dopo aver cenato con il premier Giuseppe Conte ed il vicepremier Luigi Di Maio, Salvini ha affermato: “La bocciatura dell’Ue è pressoché certa ma reddito di cittadinanza e quota 100 non cambiano”.
Due i temi principali affrontati nel vertice di Palazzo Chigi: come reagire alla bocciatura da parte dell’Ue e il tema del condono edilizio per i residenti di Ischia come misura post-sisma. Caldeggiata da Tria, si sarebbe ripresentata la possibilità di snellire il testo, senza eliminare le principali misure, ma scrivendole in modo tale da ridurne l’impatto sul tetto deficit/Pil. Le modalità per attuare le correzione all’ultimo minuto sarebbero state due: ridurre la platea di provvedimenti come quota 100 e reddito di cittadinanza o rinviare la data di decorrenza delle due misure.
Poi, c’è stata la cena a base di tagliatelle durata oltre un’ora e mezza per dissipare le nubi che, in questi giorni, hanno avvolto l’alleanza di governo. L’incontro a cena tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, con il premier Giuseppe Conte nel ruolo di mediatore, sarebbe servito a risolvere, almeno in parte, i nodi rimasti sul tavolo di M5S-Lega dopo aver trovato l’accordo sulla manovra. Ma, a piombare sulla cena è anche la certezza di Salvini sulla bocciatura della manovra dall’Ue.
La tenuta del sistema bancario, sarebbe il punto su cui sono maggiormente concentrati i timori del governo, come effetto di mercati e bocciatura di Bruxelles. Non a caso, solo qualche giorno fa, fonti di governo ipotizzavano un allargamento, da concordare con Abi, del fondo centrale di garanzie delle banche come piano di compensazione per un eventuale precipitare dei titoli in pancia agli istituti italiani.
Il fondo di un miliardo e mezzo destinato alle vittime del sistema bancario, in realtà, alleggerirebbe gli oneri di competenza delle banche per caricarli sugli incolpevoli contribuenti
Ieri l’Italia ha risposto ai rilievi di Bruxelles sulla manovra con la nota lettera del ministro Tria.
Di certo, la cena a tre, non a caso avvenuta senza intermediari, portavoce e sottosegretari, con effetti apparentemente positivi, è servita per tentare di dirimere alcuni nodi chiave dell’alleanza a cominciare dal Dl sicurezza.
L’unico a parlare al termine della cena è stato Salvini che, sminuendo le tensioni, ha detto: “C’è un clima costruttivo, avanti compatti. Capita a tutti di arrabbiarsi quando uno si sente ingiustamente tirato in ballo ma l’incazzatura passa e non ho mai smesso di fidarmi di Conte e Di Maio. A tavola non c’era alcuna manina”.
Salvini è uscito andando verso la sua residenza a Roma, Di Maio e Conte sono usciti in direzione opposta, avviandosi verso Palazzo Chigi a piedi senza rispondere ad alcuna domanda dei cronisti.
Il cosiddetto ‘patto delle tagliatelle’ avrebbe in pancia pure il nodo delle nomine dalla Consob ai servizi fino alla Rai, con Tg1 e seconda Rete che viaggerebbero verso quota M5S e la direzione di Raiuno e quella del Tg2 che dovrebbero andare in capo alla Lega. Degli attriti relativi al decreto fiscale, apparentemente, non c’è traccia.
La manovra non cambiata, almeno per ora, sembrerebbe una sfida provocatoria all’Unione europea, nonostante l’apparente volontà di sedersi a un tavolo per un confronto, anche a oltranza. Il premier Conte ha già spiegato: “Se io oggi di fronte alla lettera dei commissari europei dicessi ‘sì abbiamo sbagliato’, vorrebbe dire che la manovra è azzardata e imprudente. Non è così, è ben articolata”.
A questo punto la palla passa di nuovo alla Commissione europea, braccio esecutivo dell’Ue che controlla e approva i bilanci delle zone dell’euro, che oggi discuterà e deciderà le prossime fasi della procedura per la valutazione della manovra italiana. Il martedì è il giorno in cui l’esecutivo dell’Ue tiene la sua riunione settimanale. La bocciatura da parte del Collegio dei commissari di Strasburgo sembrerebbe praticamente scontata. Nell’ordine del giorno si legge che oggi a Strasburgo si discuterà dell’opinione nel quadro dell’articolo 7 del regolamento Ue 473 del 2013, che stabilisce le disposizioni comuni per il seguito e la valutazione dei progetti di bilancio e per la correzione dei deficit eccessivi negli Stati membri della zona euro.
Il regolamento citato al punto 11 dell’ordine del giorno è quello che prevede la possibilità per la Commissione di chiedere a un Paese membro un nuovo Documento programmatico di bilancio entro due settimane dalla trasmissione del medesimo all’esecutivo europeo, nel caso in cui questo preveda una inosservanza particolarmente grave degli obblighi previsti ai sensi del patto di stabilità. Ciò che potrebbe fare oggi.
Nella lettera recapitata dalla Commissione al ministro dell’Economia Giovanni Tria si scriveva esplicitamente che la deviazione rispetto al percorso concordato con la Commissione, unitamente al mancato rispetto della regola del debito e alla mancata validazione delle previsioni del governo da parte dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio sembrerebbero indicare un ‘mancato rispetto particolarmente serio degli obblighi della politica di bilancio ai sensi del patto di stabilità. Sulla questione è prevista una comunicazione in collegio del vicepresidente Valdis Dombrovskis e dei commissari Pierre Moscovici e Marianne Thyssen. L’ordine del giorno prevede che sulla questione venga diffuso un documento: quindi, fermo restando che il collegio è sempre libero di decidere diversamente, è probabile che la decisione arrivi oggi.
Se dovesse arrivare la quasi certa bocciatura, l’Italia avrebbe a disposizione tre settimane per trovare un accordo su come ridurre il deficit (in sostanza, l’Italia dovrebbe presentare nuovamente un progetto di bilancio modificato). Fino a ora questa opzione, cioè il respingimento da parte di Bruxelles di una manovra nazionale, non è mai stata usata. Se il governo italiano decidesse di non adattare la Finanziaria alle regole europee, potrebbe essere intrapresa contro l’Italia un’azione punitiva.  Potrebbe arrivare cioè la procedura per debito eccessivo. La procedura per i disavanzi eccessivi (Pde) è regolata dall’articolo 126 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Essa sostiene il braccio correttivo del Patto di stabilità e crescita (Psc) dell’Ue.
I paesi dell’Ue devono dimostrare una solida finanza pubblica e soddisfare due criteri: il loro disavanzo di bilancio non deve superare il 3% del prodotto interno lordo (Pil); il debito pubblico (debito del governo e degli enti pubblici) non deve superare il 60% del Pil.
L’Italia non è certamente la Grecia. Se il primo requisito previsto dal patto di stabilità dell’Ue è soddisfatto dall’Italia, non è certamente soddisfatto il secondo punto, quello del debito pubblico, che nel caso italiano supera il 130% del Pil, ossia più che doppio rispetto al limite posto dall’Ue.
Ma, nel frattempo, con l’Europa incolpevole, dalle elezioni ad oggi, in Italia si sono distrutti l’equivalente di 300 miliardi di euro di risparmi e ricchezza, in svalutazioni su titoli di Stato, azioni e obbligazioni societarie. Lo ha scritto in prima pagina il Sole 24 Ore, sulla base delle stime elaborate dal sociologo Luca Ricolfi della Fondazione David Hume, precisando: “Le perdite calcolate sono ovviamente virtuali, e potrebbero essere riassorbite, o tramutarsi in guadagni, ove la situazione economica e le valutazioni dei mercati nei prossimi mesi o anni dovessero evolvere positivamente”.
Rispetto ai livelli del 28 febbraio 2018, appena prima delle elezioni del 4 marzo, il valore di mercato di obbligazioni (sia societarie che governative) e delle azioni quotate a Piazza Affari è diminuito di 198 miliardi di euro, oltre il 10% del Prodotto interno lordo. Se poi si aggiungono i titoli di Stato detenuti dalla Banca d’Italia e da investitori esteri il passivo potenziale cresce a 304,7 miliardi. Il quotidiano della Confindustria ha affermato: “La ‘spreadonomics’ non perdona i governi non possono affrancarsi dal giudizio degli investitori”.
Ma l’attuale governo, fatto anche di economisti di chiara fama come Giovanni Tria e Paolo Savona, sa benissimo ciò a cui si va incontro con questa finanziaria.
Dunque, sembra sempre più chiara, anche dalle affermazioni di Salvini del ‘dopo cena’, la volontà del governo condotto da Salvini e Di Maio, con Conte garante, per destabilizzare l’Europa attuando una politica antieuropeista dalla quale non possiamo aspettarci certamente un futuro migliore. Il peggioramento si tocca già con mano.
Mi perdonerà il lettore se, scrivendo questo articolo, mi sovvengono ricordi di carducciana memoria, rispetto al ‘cambiamento’ che avanza ‘sferragliando’: ‘Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo rosso e turchino, non si scomodò: tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo e a brucar serio e lento seguitò.’ (dalla poesia ‘Davanti San Guido’).
Fonte: Avantionline