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PERCHÉ I TECNICI “INDIPENDENTI” FUGGONO DAL M5S

movimento-5-stellePressata da una pubblica opinione sempre più incerta e inquieta, la sindaca di Roma, Virginia Raggi ha scelto i nuovi assessori andando sul sicuro cioè chiudendosi nel proprio fortino, cosa confermata dal tweet di Beppe Grillo: al bilancio il fedelissimo Andrea Mazzillo (figlio di Luigi Mazzillo, ex presidente di sezione della Corte dei Conti, l’uomo che le aveva consigliato di puntare su Salvatore Tutino) e alle partecipate Massimo Colomban, amico di Casaleggio (imprenditore dei metalli che con i trasporti ha in comune il materiale con cui si fabbricano i bus, un veneto che dovrà calarsi in una realtà completamente nuova e inedita). Gente inattaccabile più che dall’esterno, dall’interno. L’epilogo, al di là delle qualità dei prescelti (che comunque non sembrano avere un curriculum politico nel segno dell’inattaccabile coerenza), è la conferma di una resa: la necessità di serrare le fila (con un gioco di pesi e contrappesi: Mazzillo alla sindaca, Colomban ai padroni del partito) ha di fatto impedito una selezione più “libera” in quanto qualsiasi prescelto, per quanto competente, sarebbe finito dentro il frullatore delle liti di condominio.


ll caso Roma, questi tre mesi tribolati che rischiano di non essere finiti visto che l’assessore Paola Muraro è sempre più nel mirino della magistratura, hanno trasformato vicende e sceneggiate locali in una questione di carattere nazionale. Perché se all’inizio il quesito che tutti si ponevano in Italia e all’estero riguardava semplicemente la capacità di questa giovanissima forza politica di garantire il governo di una grande comunità e, quindi, in futuro, di uno stato, i turbamenti e i tentennamenti di queste infuocate settimane hanno sollevato un altro quesito: il M5s ha gli strumenti per costruire le condizioni, le premesse che consentono un efficace esercizio dell’attività di governo? È in grado il partito di costruire attorno a sé una rete di competenti andando anche oltre il proprio recinto, attingendo a tutti i settori della società anche al di là delle strette collocazioni politiche?

Il modo in cui la vicenda si è conclusa sollecita più di un dubbio. E le difficoltà venute a galla appaiono la conseguenza delle modalità in cui il partito ha costruito il suo largo consenso, facendo leva sull’abilità mediatica di un capo-popolo ricco di audience ma sprovvisto di un coerente progetto politico che non fosse il semplice coagulo della rabbia popolare contro un establishment largamente corrotto e profondamente lontano dai bisogni e dalle sofferenze della gente comune.

La pattuglia di deputati e senatori portata in Parlamento sull’onda travolgente del successo nelle ultime consultazioni è conseguenza di questa situazione: raccogliticcia, scarsamente preparata, per giunta impegnata quotidianamente in esercizi di “fedeltà” al capo visto che all’interno del partito il dissenso non è ammesso mentre, al contrario, risultano poco arginabili le personali ambizioni di potere e le lotte intestine che paralizzano Roma e che se proiettate su uno “schermo” nazionale, finiscono per offrire una prospettiva tutt’altro che commendevole al popolo italiano già a corto di alternative.

Il tutto, poi, condito da dichiarazioni surreali volte più che a spiegare, a dare un senso al nulla. Come quella di qualche giorno fa di Roberta Lombardi a proposito dei conti del comune che da Marcello Minenna con una appropriata manovra sarebbero stati messi, in poche settimane, in sicurezza e che adesso sono più disastrati di Hiroshima e Nagasaki dopo l’esplosione della bomba. Che la capitale sia sull’orlo del fallimento lo sanno tutti e da tempo (lo sapevano anche i pentastellati) ecco perché risulta piuttosto ridicola la tesi dell’autorevole parlamentare. Per mettere in sicurezza i conti non bastano poche settimane e questo indipendentemente dalle capacità di Minenna il quale comunque non ha i poteri soprannaturali di Mago Merlino.

Oggi un altro esponente del partito di Grillo, Giorgio Sorial, si è sfogato così davanti alle telecamere di Agorà (Raitre): “La questione non è trovare un assessore al bilancio, ma sceglierlo. C’è una città sull’orlo del default, difficile trovare chi ci metta la faccia dopo Mafia Capitale e con questi debiti”. L’esponente pentastellato sembra provenire dallo stesso pianeta di Ignazio Marino: Marte. Qualsiasi persona dotata di buon senso, infatti, potrebbe replicargli che è da qualche anno (precisamente dal 2013) che il Movimento 5 stelle ha una sua rappresentanza in Campidoglio, cosa che avrebbe dovuto garantirgli un’ampia conoscenza della drammatica situazione.

Il partito di Grillo, poi, dal giorno stesso dell’insediamento di Marino ha cominciato a fare campagna elettorale in vista delle elezioni che si sono svolte nella scorsa primavera e più volte ha chiesto le dimissioni del sindaco: scoprire adesso che i conti sono un problema e che ci vuole qualcuno che ci metta la faccia è a dir poco ridicolo, sintomo evidente di superficialità perché il problema i candidati-vincitori avrebbero dovuto porselo a gennaio quando era già chiaro come sarebbero andare le elezioni, non dieci mesi dopo.

Sono tutte dichiarazioni, però, che servono a nascondere quel che c’è dietro e non può essere detto in pubblico. Andiamo con ordine. Marcello Minenna e l’ex capo di Gabinetto, Carla Raineri, vanno via rilasciando dichiarazioni che gettano ombre lunghe sul partito di ampia maggioranza. Fanno capire che attorno alla sindaca si muove un milieu che impedisce una seria azione di governo. Fanno capire anche che gli appetiti che erano emersi al momento della scelta del candidato sindaco, non sono stati saziati e che i gruppi che intorno ai diversi appetiti si erano aggregati si stanno prodigando in una guerra ormai non più sotterranea (tanto che Grillo “invita” i parlamentari a non parlare più degli affari romani).

Poi arriva il caso-Tutino. Lo corteggiano, lo incontrano, l’economista esperto in materia fiscale (e di lotta all’evasione) prima tentenna poi chiede delle garanzie. Gliele danno ma a questo punto inizia il cannoneggiamento. Salvatore Tutino getta la spugna perché chi lo ha tirato in ballo e lo ha convinto a raccogliere la patata bollente, non muove un dito in sua difesa. Realpolitik allo stato puro: altro che “nuovo”. È evidente che Sorial mente sapendo di mentire: uno proprio su segnalazione di Mazzillo, l’attuale assessore, disposto a mettere la faccia anche a costi contenutissimi (essendo in procinto di andare in pensione) era stato trovato solo che è finito stritolato nella “guerra per bande” interna al M5s.

Perché cosa scopre Tutino in quei giorni che poi lo inducono a gettare la spugna? Che il partito a Roma ha tre anime: quella che lealmente appoggia la sindaca; quella che la vuole impallinare perché punta ad assumere il controllo del partito romano per usarlo come trampolino verso il vertice nazionale (Lombardi); quella che non vede l’ora di recitare il de profundis dell’amministrazione capitolina per poter suonare poi la grancassa dei “poteri forti” che impediscono di governare. È evidente che in queste condizioni prevalga non tanto la paura di metterci la faccia ma quella di sporcarsela con un partito nella sostanza inaffidabile. Grillo, Davide Casaleggio e Luigi Di Maio non lo ammetteranno mai ma la fotografia del palco palermitano o è stata strappata o non è mai esistita.

 mader
Fonte: Blog Fondazione Nenni