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PERCHÉ IL M5S HA VINTO A OSTIA? L’IATITUTO CATTANEO HA ANALIZZATO I FLUSSI ELETTORALI NEL BALLOTTAGGIO PER IL X MUNICIPIO

L’analisi dei flussi elettorali del voto di ballottaggio nel municipio di Ostia effettuati dall’Istituto Cattaneo di Bologna:

Giornalisti e commentatori politici hanno parlato delle elezioni di Ostia e nell’intero X Municipio di Roma come di un «mini-voto», che doveva servire semplicemente a eleggere il cosiddetto «mini-sindaco», ossia il Presidente di uno dei Municipi più periferici – sia socialmente che  geograficamente – della Capitale. E invece nel corso della campagna elettorale il voto a Ostia ha assunto un’importanza che superava i ristretti confini di un quartiere romano, per assumere una rilevanza quanto meno nazionale. Ovviamente, la maggior parte dei riflettori era puntata soprattutto sul rapporto problematico tra criminalità organizzata e consenso politico a Ostia, così come sulle violenze o sulle minacce subite dai giornalisti interessati ad indagare dall’interno le dinamiche politiche nel X Municipio.

Ma il voto di domenica scorsa, dopo il primo turno del 5 novembre, è importante anche perché permette di ricavare utili informazioni sugli orientamenti elettorali degli italiani in vista delle prossime consultazioni. Più in particolare, è possibile interrogarsi sul fenomeno dell’astensionismo(che nel caso di Ostia ha raggiunto livelli record: oltre i due terzi degli elettori non si sono recati alle urne), sul comportamento elettorale degli elettori del PD e di CasaPound di fronte al dilemma tra il voto alla candidata del M5s (Giuliana Di Pillo) o quello alla candidata di centrodestra (Monica Picca) e, ancora, sulla capacità dei cinquestelle a Roma di confermare i propri consensi in una città governata da oltre un anno da un Sindaco espressione del M5s.
  1. La crescita dell’astensione
Il primo elemento da analizzare è certamente quellodell’astensione, cresciuta ulteriormente nel passaggio tra i due turni di circa 2,5 punti percentuali. In pratica, poco meno di 5mila elettori hanno deciso di non ripresentarsi alle urne in vista del ballottaggio. Ma chi sono questi elettori astensionisti? L’ultima riga della tabella 1 ci consente di vedere come si erano comportati al primo turno 100 elettori che si sono astenuti al ballottaggio. Sono stati principalmente gli elettori dei candidati sconfitti al primo turno a contribuire all’allargamento dell’area del non-voto. Soprattutto gli elettori del candidato del Pd (Athos De Luca) hanno deciso, in larga maggioranza, di disertare le urne, evitando così di scegliere tra il M5s e il centrodestra. In termini assoluti, si tratta di oltre 4.500 elettori del Pd che, nella scelta tra Monica Picca e Giuliana Di Pillo, hanno preferito non scegliere, restando a casa. Nell’area del non-voto si trovano anche gli elettori del candidato di CasaPound (Luca Marsella), seppure in misura nettamente inferiore rispetto a quelli del Pd. In questo caso, soltanto un terzo dei votanti per CasaPound ha preferito astenersi (cioè, poco meno di 1.900 elettori), mentre gli altri si sono schierati nell’alternativa tra M5s e centrodestra.
Nell’insieme, quindi, la crescita dell’astensionismo deriva soprattutto dagli elettori dei candidati esclusi dal ballottaggio, in particolare di quelli del centrosinistra che non hanno saputo – o non hanno voluto – individuare il «male minore» tra le due alternative in campo. Al contrario, l’elettorato delle due candidate andate al ballottaggio si è dimostrato assolutamente «impermeabile» verso l’astensione: né gli elettori del M5s né quelli del centrodestra hanno infatti contribuito ad allargare l’area del non-voto.
  1. Come hanno votato gli elettori dei candidati sconfitti?
Alla vigilia delle elezioni, molti esponenti politici tra i partiti esclusi dal ballottaggio hanno dichiarato pubblicamente il loro orientamento in vista del secondo turno. Nel caso del Pd, la scelta è stata una non-scelta, nel senso che, posti di fronte all’alternativa tra M5s e centrodestra, molti esponenti del partito hanno suggerito di astenersi.Come abbiamo visto in precedenza, la gran parte degli elettori Pd ha seguito effettivamente le indicazioni del partito. Questi flussi elettorali possono essere meglio esaminati osservando la tabella 2 che, ponendo uguale a 100 il bacino elettorale di un candidato al primo turno, ci permette di vedere come si è comportato quello stesso elettorato nel turno di ballottaggio. Nel caso del Pd, appena un elettore su tre si è recato alle urne e ha espresso una preferenza per la candidata del M5s, mentre sono stati quasi nulli (3,9%) quelli che hanno votato per lo schieramento di centrodestra.   Se analizziamo il comportamento degli elettori di CasaPound, il quadro generale muta significativamente. Anche se gli esponenti del partito di estrema destra avevano lasciato «libertà di voto» agli elettori, all’incirca la metà dei votanti di CasaPound (48,7%) si è schierata a favore di Monica Picca, candidata del centrodestra. Invece, come mostra la tabella 2, soltanto il 19,6% dell’elettorato di CasaPound al primo turno ha preferito convergere sull’esponente del M5s. Primo turno e ballottaggio delle elezioni amministrative nel Municipio X di Roma (flussi in uscita: come hanno votato al ballottaggio 100 elettori che al primo turno avevano votato Di Pillo, Picca, De Luca ecc.?)
Esaminando i candidati di sinistra (alternativi al Pd), e cioè Eugenio Bellomo e Franco De Donno, l’analisi dei flussi elettorali mostra chiaramente la confluenza dei loro elettori verso il M5s. Nel caso di Bellomo, l’84% dei suoi sostenitori si è schierata a favore dei cinquestelle e per De Donno quella percentuale è risultata solo di poco inferiore (pari al 73,8%). In pratica, una componente significativa nella crescita dei voti al M5s – passati da 19.777 al primo turno a 35.691 nel ballottaggio – proviene dall’elettorato della sinistra alternativa o civica. O, detto altrimenti, un terzo dei consensi che la candidata pentastellata ha conquistato nel passaggio tra i due turni di votoderiva da quell’area di sinistra non alleata al Pd.
  1. Perché ha vinto il M5s?
Come già accaduto in passato, per la sua professata natura «post-ideologica» il M5s si conferma una perfetta «macchina da ballottaggio», in grado di raccogliere consensi – soprattutto sesi tratta di «seconde preferenze» – in modo trasversale da tutti gli schieramenti. Nel caso di Ostia e del X Municipio, in cui la sfidante dei cinquestelle era una esponente del centrodestra, il «soccorso rosso» a favore del M5s è arrivato soprattutto dall’area della sinistra radicale (Bellomo e De Donno), dimostrando una certa contiguità elettoraleo, almeno, una disponibilità alla convergenza al momento del voto. Per inciso, questa contiguità sembra essere quasi del tutto assente o fortemente ridimensionata nel caso del Pd, i cui elettori hanno preferito l’astensione al voto per i cinquestelle.Tuttavia, se la crescita dei consensi per il M5s viene soprattutto da sinistra, ne esiste anche una componente minore che proviene dal centrodestra. Osservando la figura 1, si nota infatti un flusso di voti in uscita dai candidati di centrodestra o di destra (quantificabile attorno al 20% dei loro rispettivi elettorati) che ha optato nel ballottaggio per la candidata dei cinquestelle. Un dato che conferma ancora di più la capacità elastica, di allargamento dei propri consensi per il M5s.
Flussi elettorali tra primo turno e ballottaggio nelle elezioni del 2017 per il Municipio X di Roma

Esiste, però, una parte dell’elettorato che risultaormai irraggiungibile anche per il principale partito che ha catalizzato negli ultimi anni il voto di protesta in Italia. L’area dell’astensione non si è soltanto allargata. Nel corso del tempo, si è anchee soprattutto «solidificata», convincendosi sempre più delle sue posizioni e delle sue decisioni. Questi astensionisti «cronici», che ribadiscono il loro non-voto ad ogni tornata elettorale, non trovano più neppure nel M5s un veicolo valido per esprimere il proprio disagio o la propria rabbia. Già al primo turno la candidata del M5s aveva perso per strada la metà dei suoi consensi, rispetto al voto amministrativo di appena un anno fa. Ma ora anche il dato del ballottaggio conferma che il principale «partito pigliatutti» riesce a prendere voti da tutti gli altri partiti, tranne uno: quello, in crescita, dell’astensione
Analisi a cura di Marco Valbruzzi, Marta Regalia e Michelangelo Gentilini per Istituto Cattaneo