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ONCOLOGICO DI BARI, LARICCHIA PADRE FA RICORSO CONTRO DG E LA GRILLINA PRESENTA MOZIONE PER CACCIARLO

Antonella-Laricchia-matteoderricoUn primario radiologo esautorato della guida di un reparto in cui si trattano pazienti oncologici. Un ricorso al Tar, presentato dal medico e da tutti i suoi colleghi di reparto. E una mozione dei grillini, approvata all’unanimità dal Consiglio regionale, per chiedere le dimissioni del Comitato di Indirizzo e Vigilanza con l’obiettivo di far decadere il direttore generale che ha assunto la decisione contestata.

Per capire quello che sta accadendo all’Oncologico di Bari bisogna, come al solito, leggere le carte. E dalle carte spunta una storia che merita di essere raccontata, perché parla – come sempre – di conflitti di interessi. Il medico in questione si chiama Cosmo Gadaleta, un radiologo interventista di grandi capacità e dall’ottima reputazione. Sotto la sua responsabilità ricade un reparto che tratta malati di tumore, ad esempio attraverso termoablazioni. Secondo la direzione generale dell’ospedale, però, Gadaleta non può decidere le terapie da somministrare ai pazienti, perché questo (e la decisione di procedere al ricovero) secondo i protocolli è competenza di un oncologo.

Ecco perché a giugno del 2015, con una lettera del dg Antonio Quaranta, al dottor Gadaleta (cui era già stata tolta la direzione scientifica dell’Irccs) viene sottratta anche la guida dell’Unità operativa semplice di Oncologia medica inserita nel reparto di Radiologia interventistica: per i ricoveri, Gadaleta deve coordinarsi con il primario del reparto di Oncologia, Vito Lorusso. E dunque l’intero reparto di Radiologia presenta ricorso al Tar. E qui le cose si fanno interessanti.

Tra i sottoscrittori del ricorso c’è infatti un tecnico di radiologia, il dottor Giuseppe Camillo Laricchia, 56 anni, di Adelfia. È il padre della capogruppo grillina, Antonella Laricchia, che il 29 settembre ha illustrato in aula la mozione (poi votata all’unanimità) in cui si chiedono le dimissioni del Civ. «Presso la Procura di Bari – si legge nel documento – il personale laureato della Struttura complessa di Radiodiagnostica interventistica con quello della Struttura semplice di Oncologia medica integrata ha esposto una denuncia-querela sui fatti qui raccontati; contemporaneamente, è pendente un ricorso al Tar Puglia per contrastare ordini di servizio del Dg».

Ciò che la capogruppo grillina non ha detto ai colleghi consiglieri è che quel ricorso al Tar, così come la querela (da cui è nato un fascicolo di indagine, al momento aperto contro ignoti), è stato sottoscritto anche dal padre. E soprattutto che il 29 settembre, cioè quando il caso è stato portato all’attenzione del Consiglio regionale, il Tar di Bari (a sezioni unite) si era già espresso negando la sospensiva chiesta dal personale del reparto e rimandando la decisione al merito.

Ci sono, insomma, tutti gli elementi per parlare di conflitto di interessi: Laricchia ha infatti firmato un atto politico che riguarda (anche, ma non solo) il reparto in cui lavora il padre. «La mozione – risponde però la capogruppo – non è solo sul reparto di mio padre. È vero che mio padre lavora lì e per questo io conosco le disavventure dell’Oncologico. Così come ascolto i cittadini che ci portano le loro segnalazioni su tutti i temi, così mi sono occupata dell’Oncologico di Bari. Il conflitto di interessi? Non c’è perché mio padre non ci guadagna nulla, è già all’apice della carriera, anzi rischierebbe molto dall’avere una figlia che si mette in conflitto con il direttore generale».

Laricchia ha puntato il dito anche contro l’ipotetico accorpamento tra l’Irccs e il Policlinico, cui il ministero ha già detto «no». «Non so entrare nel merito di quanto accadrebbe in quel caso alla Radiologia interventistica – dice la grillina – ma so che mio padre non ci guadagnerebbe nulla. Se all’Oncologico in questi anni hanno fatto sei scioperi non è certo per volontà di mio padre».

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Massimiliano Scagliarini per La Gazzetta del Mezzogiorno