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M5S, RICCARDO NUTI: L’EPURATORE EPURATO

Lo chiamavano il “superortodosso”, Riccardo Nuti. Il deputato più inflessibile ai tempi dei “dissidenti”, prima che 17 deputati fossero cacciati o spinti ad andar via dal gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle alla Camera. Colui che – da capogruppo, il secondo in carica dopo Roberta Lombardi – diceva cose come: “Con queste persone parli una, due, tre volte, se poi non capiscono, ciao e grazie”.

Nuti il duro, il Torquemada a 5 stelle – scrive Annalisa Cuzzocrea sul quotidiano la Repubblica – che aveva garantito a Beppe Grillo: “Noi non c’entriamo con le firme false, siamo parte lesa”, spingendo il capo politico a scrivere questo, sul blog, dopo la prima puntata delle Iene sul caso delle firme ricopiate alle elezioni comunali di Palermo nel 2012.

La sua bacheca Facebook è presa d’assalto da settimane, al suono di “Vergogna”, “sospenditi”, “stai mettendo in pericolo tutto il Movimento”. Lui, finché ha potuto, ha continuato come se niente fosse il tour in treno per il No alla riforma costituzionale. Fino a quando, una settimana fa, un collega, al momento di salire sul palco, gli ha detto: “Forse è meglio che tu non parli oggi, Beppe ha chiesto chiaramente che i coinvolti si autosospendano”.

Non ha voluto farlo, il deputato palermitano. E con lui non hanno voluto cedere neanche Claudia Mannino e Giulia Di Vita. Quest’ultima è l’unica che con i pm ha parlato, come ha spiegato ieri a chi gliene chiedeva conto sulla sua pagina Facebook. “Si chiarirà tutto”, ha detto fingendo una serenità fin qui non dimostrata. Perché anche Giulia Di Vita, fustigatrice indefessa su Twitter di avversari politici e giornalisti, ha scelto di non palare e non spiegare quel che è accaduto in una notte di aprile di quattro anni fa. Non ai suoi colleghi, non ai suoi elettori, tanto meno alla stampa.

Non sono solo gli attivisti, a chiedere loro conto dei troppi silenzi e di quella che non esitano a definire “omertà”. Sono anche gli eletti M5S di tutt’Italia. “Se ne devono anna’”, diceva ieri un deputato un tempo amico di Nuti. “Hanno sbagliato tutto”, spiegava un senatore, “perfino gli indagati del Pd si autosospendono subito. E noi che facciamo? Quando succede a noi ci comportiamo peggio del Pd?”. Il clima era diventato così ostile da spingere a intervenire Roberto Fico, che nel weekend aveva chiarito via Twitter: “Nel Movimento le espulsioni possono deciderle solo il capo politico e i probiviri appena eletti”, prontamente “rituittato” da Luigi Di Maio, con cui – negli ultimi mesi – aveva condiviso ben poche posizioni.

E’ per questo – per il clima interno oltre che per le accuse ormai insostenibili del Pd – che Beppe Grillo ha dovuto indire in tutta fretta, venerdì scorso, l’elezione dei tre probiviri chiamati col nuovo regolamento a comminare le sanzioni per chi viola i principi del Movimento o ne mette in pericolo la reputazione. E loro, prontamente, nel primo giorno utile, hanno subito sospeso gli indagati in via cautelativa. In attesa di ricevere spiegazioni e “controdeduzioni”, ma lasciando loro poca speranza ormai di rientrare, comunque vadano le cose con la giustizia di Palermo. I vertici dei 5 stelle – in primis Beppe Grillo e Davide Casaleggio – considerano molto diversamente il comportamento del gruppo palermitano da quello dei bolognesi. Per un caso analogo di problemi con le firme delle regionali, il consigliere comunale di Bologna Marco Piazza (braccio destro del fedelissimo di Casaleggio Max Bugani) ha subito spiegato e si è subito detto pronto all’autosospensione. Collaborando con lo staff, la giustizia e perfino parlando con i giornalisti che gliene chiedevano conto. “Si chiarirà tutto e rientrerà da eroe”, diceva Bugani a Repubblca qualche giorno fa. “Lui si è comportato da vero 5 stelle”.

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Fonte: la Repubblica