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M5S CON LEGA E MELONI, L’ALLEANZA POSSIBILE

C’è una stanza della Casaleggio associati – scrive Tommaso Ciriaco su la Repubblica – in cui si lavora da tempo allo scenario della svolta: un governo con la Lega. “Se dalla Consulta uscirà davvero una legge proporzionale – è il ragionamento che Davide Casaleggio ha consegnato ai fedelissimi – allora dopo il voto vedremo quali forze saranno disponibili ad appoggiare un esecutivo cinquestelle”. L’erede dell’azienda di famiglia pensa proprio alla destra di Salvini e Meloni.

Non a caso, costruisce da tempo nel “laboratorio” milanese un’agenda di governo sempre più compatibile con quella del Carroccio. Il resto lo faranno i risultati elettorali. “Con un impianto proporzionale nessuno avrà la maggioranza – è l’analisi che Luigi Di Maio ripete in privato – Noi però abbiamo ottime chance di arrivare primi, ottenendo l’incarico per giocarci la partita”. Quella, clamorosa, di un governo con i lepenisti d’Italia.

Ogni analisi dei big a cinquestelle parte da una premessa: senza ballottaggio, nessuno raccoglierà il 40% dei consensi, figurarsi il 50%. Meglio allora costruire un ponte con gli unici partner possibili, “testati” con soddisfazione negli ultimi mesi dalla Casaleggio associati. “Tra loro e il Pd – è d’altra parte il mantra di Salvini – io scelgo sempre l’alternativa al Pd”. L’accordo parlamentare con la Lega è il vero asso nella manica di Beppe Grillo. Ufficialmente non se ne parla, anche perché da statuto i grillini non possono siglare alleanze. Se non fosse che poche settimane fa il “segreto” è sfuggito a un potente del Movimento come Max Bugani. Non è uno qualunque, perché gestisce assieme a Casaleggio Jr. e David Borrelli la piattaforma Rousseau. “Al Senato – ha rivelato – con la legge attuale si può lavorare sul programma e vedere chi ci sta. Altre forze potrebbero darci un appoggio esterno. Ovviamente il governo sarebbe del M5S, però coinvolgendo altri partiti su punti programmatici chiari e condivisibili”.

Nulla è lasciato al caso, in questa fase. Ogni nuova svolta – come l’ultima trumpista e protezionista – è preceduta da un “sondaggio” della base, ma l’annuncio è delegato a Grillo, l’unico capace ancora di far digerire l’indigeribile ai militanti. L’obiettivo è cucire nuovi e antichi punti programmatici su misura della Lega, dal referendum sull’euro al nazionalismo commerciale fino al pugno duro sull’immigrazione. Il Carroccio, d’altra parte, non è materia sconosciuta dalle parti della Casaleggio associati. Il triumviro Borrelli, per dire, è un trevigiano cresciuto nel cuore pulsante del leghismo. Ha gestito la fallimentare trattativa con l’Alde all’Europarlamento, ma è stato difeso dal leader. Un segnale in chiave interna, per dimostrare ai nemici che le eventuali intese con altri partiti passano comunque solo e soltanto da Milano.

A Di Maio va bene così. Da pragmatico, il reggente si dedica alla rincorsa alla premiership e lavora per evitare una legge elettorale svantaggiosa: “È meglio votare con il sistema che uscirà dalla Consulta – è la sua linea – L’importante è evitare il Mattarellum, che per noi sarebbe un disastro”. Con il proporzionale, invece, il pallino resterebbe nelle mani del Movimento. E arrivare primi garantirebbe il “piano Lega”. Tra i parlamentari cinquestelle, naturalmente, c’è chi la pensa in un altro modo. La corrente “di sinistra”, decimata da espulsioni e scissioni, conta pochissimo. Quella ortodossa, invece, continua a combattere lo strapotere della Casaleggio associati. I malpancisti guardano soprattutto a Roberto Fico, l’unico in grado di gelare i piani di Milano senza temere troppo la reazione: “Siamo un Movimento che non fa alleanze”.

Salvini, intanto, si mantiene in posizione d’attesa. Conosce i rischi di una concorrenza grillina sui temi a lui più cari, per questo urla sempre più forte contro l’euro e gli immigrati. Eppure, è pronto a fare di necessità virtù, cavalcando l’onda. Gli basterà ribadire dopo le Politiche quanto sosteneva alla vigilia del secondo turno delle amministrative: “Dove la Lega non è al ballottaggio, votate contro il Pd”. Chi gli vieta di fare il bis in Parlamento?

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Fonte: la Repubblica