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DELLA CANANEA IL GIURISTA SCELTO DA DI MAIO PER IL PROGRAMMA È CONTRARIO ALLE ELEZIONI ANTICIPATE: MEGLIO UN GOVERNO DI SCOPO

Il prof. Giacinto Della Cananea, coordinatore del Comitato scientifico per l’analisi dei programmi istituito da Luigi Di Maio, si dice contrario alle elezioni anticipate.

Intervistato da Alessandro Barbera del quotidiano La Stampa si dichiara “indipendente” dal Movimento 5 Stelle. “Non ho mai creduto all’utilità degli intellettuali di area”.
Obietta a Di Maio che vuole rivotare già a giugno: “Sotto il profilo giuridico ha ragione, ed è legittimato a chiederlo. Ma è pur vero che occorre tenere conto della praticabilità delle norme”, “nella storia repubblicana non c’è il precedente di una legislatura interrotta dopo pochi mesi. E le prassi hanno una loro rilevanza nelle scelte del Capo dello Stato”.

Secondo Della Cananea non è il caso di correre subito a nuove elezioni, anche perché “è difficile immaginare che la macchina pubblica sia in grado di organizzare il voto all’estero in meno di due mesi”.
E osserva che “un governo politico è preferibile. Ma se l’accordo non c’è, e interrompere la legislatura è una scommessa pericolosa”, un governo di scopo o di tregua “può essere una strada”. Ma esclude che un governo di questo tipo possa mettere mano alla legge elettorale: “ci potrebbero essere ripercussioni sulla tenuta stessa della maggioranza” ed è necessario: “Approvare la legge di Bilancio e mettere il Paese nelle condizioni di negoziare alcune grandi scelte per l’Europa, come suggerisce anche il presidente del Parlamento europeo Tajani”.
Sulle possibili conseguenze di nuove votazioni con questa legge elettorale: “Se guardiamo a quanto accaduto in altri casi di Paesi in cui si è rivotato in tempi stretti con il proporzionale, in Spagna e Grecia, i rapporti di forza non sono cambiati. Ciò detto escludo che i sistemi proporzionali siano un male in sé”.
“Non va demonizzato il concetto di consociational democracy: in esso ci sono le virtù del negoziato e del compromesso. Pochi anni fa persino in Gran Bretagna, patria del maggioritario, dovettero accettare un governo di coalizione”.