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CASALEGGIO E IL 25 APRILE “NESSUNO DEVE ESSERE DEMONIZZATO, STRUMENTALIZZAZIONI FASCISMO E ANTIFASCISMO”

casaleggio_matteoderricoUn nonno partigiano, ma il desiderio di non demonizzare nessuno: Gianroberto Casaleggio risponde a un questionario di Micromega sulla Resistenza. E le sue riflessioni – date in anteprima a Repubblica tracciano il profilo del cofondatore del Movimento 5 Stelle disegnando una conferma. Quella di un leader attento – ancora una volta – a non essere né di destra né di sinistra. Ma convinto che all’Italia servano civismo e amor di patria, oltre all’agognata democrazia diretta e alla fine del vincolo di mandato in Parlamento.

Casaleggio è stato – abbastanza inspiegabilmente – l’unico a rispondere alle approfondite domande inviate dal mensile a tutti i rappresentanti delle forze politiche e ai presidenti di Camera e Senato in occasione del numero speciale che uscirà giovedì 23 aprile. E che – a 70 anni dalla Liberazione del nostro Paese – sarà aperto da un messaggio del presidente della Repubblica Mattarella.

«Mio nonno è stato partigiano e conservo ancora il suo tesserino della Brigata Garibaldi», scrive il “guru” dei 5 stelle. «Non aderiva ad alcuna ideologia che io sappia, ma l’occupazione dell’Italia da parte dei tedeschi lo spinse a schierarsi. Credo che più che le ideologie, sia stato quello che chiamiamo “amor di patria” a creare in Italia il più importante movimento partigiano in Europa ». Parla di strumentalizzazioni, Casaleggio: «Le nuove generazioni non hanno conoscenza del passato, anche perché nessuno glielo spiega o lo strumentalizza pro domo sua in categorie come fascismo e antifascismo ».

Sorvola sul fatto che più che categorie, fascismo e antifascismo siano pezzi di storia. Quel che tiene a dire – rispondendo a una domanda sulla “memoria condivisa” – è: «Credo che non vada demonizzato nessuno e ricercate le motivazioni per cui sono state fatte scelte di campo radicale nel periodo della Resistenza. È possibile che da entrambe le parti ci siano stati errori, ma anche scelte fatte in buona fede. È ora di chiudere definitivamente il periodo delle contrapposizioni e parlare del futuro senza fardelli ideologici e preconcetti».

Crede anche, Casaleggio, «che il Pci abbia messo il cappello sulla Resistenza e che in seguito ne abbia ottenuto grandi vantaggi politici e culturali». Il suo «atteggiamento prevaricatorio ha impedito una vera riflessione sulla Resistenza e in parte anche sul fascismo». E poi, «ci siamo trovati occupati dai liberatori che dopo 70 anni sono qui con le loro basi militari e le interferenze nella politica italiana. Sono diventati i nostri padroni».

Del resto, il manager della Casaleggio Associati è – insieme a Grillo – il cofondatore di un Movimento che fin dai suoi albori si è definito anti-ideologico, e che alle ultime elezioni politiche è riuscito, in virtù di questo, a catturare i voti dei delusi di destra e di sinistra. Un Movimento che propugna la democrazia diretta, vagheggia un mondo in cui le decisioni saranno prese attraverso i clic di un computer, senza bisogno di delegare nessuno. Ma che in Parlamento ha fatto battaglie per difendere la Costituzione (fino a salire sul tetto di Montecitorio) da quella che considera una deriva autoritaria: «Dalla Resistenza sono nate la Costituzione e una Repubblica parlamentare – scrive Casaleggio – Entrambe sono oggi a rischio e vanno protette a qualunque costo prima di ricadere in una nuova dittatura nella quale gli eletti dal popolo non abbiano più voce in capitolo».

Quegli eletti, il “guru” dei 5 stelle li vuole sottoposti al vincolo di mandato: «Serve l’impossibilità da parte di chi è stato eletto in un partito di cambiare casacca a suo piacere», scrive. Aggiungendo che alla Costituzione mancano «alcuni importanti riferimenti alla democrazia diretta, come il referendum senza quorum e l’obbligatorietà della discussione in Parlamento delle leggi di iniziativa popolare».

Oltre a «una qualunque forma di controllo» sul presidente della Repubblica «che può tradire lo spirito della Costituzione senza doverne rispondere come talvolta è avvenuto». Agli italiani, invece, manca il civismo: «Non è considerato una necessità, un obbligo morale, ma una possibilità spesso disattesa».

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la Repubblica