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ALITALIA, IL GOVERNO SPINGE SU ATLANTIA DEI BENETTON PER EVITARE IL DEFAULT

La vicenda Alitalia rischia di complicarsi non poco. A due mesi dalla restituzione del prestito per evitare una procedura di infrazione dalla Ue per aiuti di Stato, il socio operativo che dovrebbe assicurare il rilancio stenta a delinearsi all’orizzonte. Il che rappresenterebbe un fallimento della strategia dell’esecutivo e del ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, che si è speso in questi mesi per la statalizzazione della compagnia (almeno per ciò che riguarda la quota di controllo) e la costituzione di una cordata che in un primo momento avrebbe dovuto prevedere anche easyJet, invece sfilatasi anzitempo. Scrive Fabio Savelli sul Corriere.

Mentre si spacca la cordata messa insieme dalle Ferrovie dello Stato perché nessuno sembra entusiasta di buttare soldi su un vettore in perdita da trent’anni, nelle ultime settimane, per riflesso, è cominciata una trattativa complessa e delicata con Atlantia, la capogruppo degli Aeroporti di Roma e hub di riferimento della compagnia. E holding di controllo anche di Autostrade per l’Italia, vista col fumo dagli occhi dai Cinque Stelle per il crollo del ponte Morandi a Genova e oggetto, tuttora, di una richiesta di revoca della convenzione. La società, per il 30% controllata dalla famiglia Benetton, ha guardato il dossier supportata dai consulenti di Mediobanca. Giovanni Castellucci ha visto almeno in un’occasione anche Gianfranco Battisti, numero uno di Ferrovie, tentando di trovare una sintesi per un’eventuale partecipazione nella cordata ricavandone, almeno fino ad ora, l’impossibilità di prenderne parte. Una fonte vicina alla trattativa racconta che, al netto delle ricadute industriali tutte da verificare anche per Atlantia vista la progressiva perdita di quota di mercato di Alitalia sull’aeroporto di Fiumicino, i dubbi dei vertici sarebbero anche di natura politica. Perché salvare il progetto Alitalia costruito da Di Maio visti gli attacchi ripetuti a Castellucci e ai Benetton? Atlantia è già stata scottata dagli ultimi due fallimenti della compagnia in cui ha visto azzerare la propria partecipazione e un esborso iniziale, di almeno 300 milioni per il 30% della newco, non verrebbe compreso dai soci istituzionali come il fondo sovrano di Singapore, Lazard e la banca britannica HSBC.
Eppure più di qualcuno non esclude che il filo del negoziato sia ancora aperto e a condurlo potrebbe essere lo stesso premier Giuseppe Conte avocando a sé il dossier. In settimana potrebbe essere convocato un consiglio dei ministri proprio su Alitalia e qualcuno immagina che possa essere il presidente del Consiglio ad aprire un canale diplomatico con Atlantia che potrebbe essere letto come il primo gesto di normalizzazione nei rapporti dopo la lettera di richiesta di caducazione della convenzione con Aspi scritta proprio dal premier a pochi giorni dal crollo del viadotto Morandi.
Nelle settimane scorse non è sfuggito quanto sia ancora complessa la relazione tra governo e la capogruppo di Autostrade. Soprattutto sulle interpretazioni normative relative ai piani economico-finanziari, quasi tutti scaduti. Cioè i documenti che registrano l’ammontare degli investimenti e ne chiedono il relativo adeguamento al casello. Il governo, con il decreto Genova, ha previsto che sia l’Authority dei Trasporti a dare il via libera preventivo sui nuovi piani. Proprio Autostrade per l’Italia ha appena impugnato al Tar la delibera sui pedaggi firmata a febbraio dall’authority guidata da Andrea Camanzi. Che stabilisce l’avvio di una consultazione per fissare le nuove tariffe introducendo una novità: gli aumenti dovranno essere strettamente correlati ai livelli del servizio e passibili di riduzione nel caso i profitti per le società autostradali siano superiori alle previsioni. Una misura che Aspi ritiene incostituzionale.
Ecco perché i margini per un accordo sono strettissimi. Così Alitalia rischia di esporre i Cinque Stelle, comunque la si metta, ad una figuraccia. Se il governo trova l’accordo con Atlantia la riabilita. Se non lo trova mette Alitalia nelle mani di altri potenziali quanto interessati acquirenti. Più volte si è fatto il nome di Lufthansa, opzione che però non è al momento nemmeno al tavolo, e le cui condizioni fatte a suo tempo trapelare erano molto pesanti. E così a meno di due settimane dal termine del 30 aprile in cui Ferrovie dello Stato e Delta Air Lines sarebbero chiamate alla presentazione della proposta vincolante per Alitalia, la situazione è ancora incerta. Incertezza che getta ancora più ombre su una situazione che sarà affrontata dai sindacati (e dai lavoratori) giovedì quando avranno un incontro informale con i commissari straordinari di Alitalia. E sono pronti ad una nuova mobilitazione senza una convocazione da parte del governo.